Sotenibilità ingannevole?

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Alcuni brand fast fashion sfruttano il tema della sostenibilità per ingannare i clienti?

Di recente è uscita la notizia che la Norwegian Consumer Authority considererebbe la Conscious Collection di H&M ingannevole.

La collezione, lanciata nel 2010 in Svezia, è stata poi espansa in varie località nel mondo.
L’azienda non avrebbe però mai spiegato nel dettaglio perché questi vestiti portino l’etichetta ‘conscious’.

Non è quindi chiaro se H&M sia davvero impegnata nella produzione sostenibile o se si dipinga più green solo per vendere di più.
Allo stesso modo, anche nel suo report annuale di sostenibilità mancano dettagli. Il problema è che non esiste uno standard industriale per ciò che significhi provenienza sostenibile.

Come dovrebbe quindi un’azienda veicolare ai consumatori i dati sulla sostenibilità?

Un buon esempio è Everlane, che si concentra sulla riduzione dell’utilizzo delle fibre a base di plastica sfruttando materiali organici come cotone e lana. Il brand spiega inoltre sul sito perché la plastica sia così problematica.

Secondo noi, per vedere dei reali cambiamenti è necessaria una valutazione onesta sulla situazione attuale, che implica la conoscenza dei dettagli.